(Musica)
Che cosa accadrebbe,
se domani mattina vi svegliaste
in un mondo senza musica?
Vi perdereste sicuramente
qualcosa di bello,
qualcosa che vi piace,
ma sarebbe semplicemente rinunciare
a qualcosa che vi piace
come mangiare la pizza il sabato sera,
o andreste incontro
ad un cambio molto più profondo?
La musica è ovunque,
la ritroviamo in tutte le culture,
in ogni angolo del mondo,
perché è quello che ci permette
di connettere gli uni con gli altro.
È un collante relazionale,
basti pensare a quello che succede
normalmente nei concerti,
ed è la colonna sonora
delle nostre giornate, dei nostri eventi.
La musica sembra proprio qualcosa
che ci portiamo dietro da sempre.
L'oggetto un po' strano
che vedete alle mie spalle
è un reperto archeologico
e più precisamente si tratta di un osso.
È l'osso di un orso delle caverne
risalente a circa 55.000 anni fa.
Cosa c'entra?
C'entra perché alcuni studiosi
si sono concentrati su questo osso,
proprio su quei fori,
e hanno provato a ricostruirlo,
formulando un'ipotesi
che per noi oggi è molto più attraente.
Infatti potrebbe trattarsi
dello strumento musicale
più antico della storia,
quello che poi è stato soprannominato
il "Flauto di Neanderthal".
Accade spesso che quello che ritroviamo
fin dai primi passi
della nostra evoluzione
come esseri umani,
in realtà lo troviamo anche
nei primi passi della nostra evoluzione
come singoli individui,
cioè della nostra vita.
E sono proprio degli studi di neuroscienze
ad indicarci che noi nasciamo già
come essere musicali,
infatti il nostro cervello
quando siamo neonati,
prime ore di vita,
riesce a rispondere
specificatamente alla musica,
alla struttura musicale,
alla melodia, al ritmo,
alle differenti sfumature
emotive della musica.
In effetti la presenza
della musica nella nostra vita
sembra avere a che fare
proprio con il nostro cervello,
e in particolare con dei cambiamenti
che avvengono nei suoi circuiti
più antichi a livello evolutivo,
cioè quelli più profondi,
anche a livello anatomico.
A giocare un ruolo chiave,
qui, è una sostanza
che è cruciale per la regolazione
del nostro comportamento, tutti i giorni.
Questa sostanza è la dopamina.
La dopamina è un neurotrasmettitore
che noi di solito liberiamo
proprio nelle aree più antiche
e profonde del nostro cervello
in risposta a stimoli
come il cibo o il sesso.
Sono stimoli che ci attraggono,
che ci danno piacere,
che ci motivano, che ci danno ricompensa,
e che sono anche in qualche modo
legati alla nostra sopravvivenza.
Quello che però
abbiamo recentemente scoperto
è che in realtà la dopamina
viene anche liberata
anche in risposta alla musica.
Allora vediamo un po' quanti di voi
almeno una volta nella vita,
ascoltando una canzone, un brano musicale,
hanno provato questa sensazione qui.
Ad occhio direi un 90% abbondante.
Questi sono brividi, pelle d'oca,
sono risposte del nostro corpo
fisiologiche, o psicofisiologiche,
che possiamo associare al piacere intenso.
In una parte delle mie ricerche
io mi sono focalizzata proprio
su questo tipo di fenomeni
abbordandoli però
in un modo un po' particolare.
Infatti, con dei colleghi
di Barcellona e di Montreal,
siamo andati ad attivare o disattivare
direttamente nel cervello
quelli che pensavamo potessero essere
i meccanismi alla base di questi fenomeni,
e in particolare proprio
la liberazione di dopamina.
L'abbiamo fatto grazie
ad uno studio farmacologico
che ci ha permesso di andare ad aumentare
o diminuire temporaneamente,
quindi non vi preoccupate,
la liberazione di dopamina
nel cervello delle persone
e l'abbiamo fatto mentre le persone,
mentre i nostri partecipanti
ascoltavano musica.
La musica poteva essere
la loro musica preferita
o della musica pop-rock
che avevamo scelto noi,
quella che normalmente passa in radio.
Quello che abbiamo trovato
è che quando la dopamina aumentava
rispetto a quando diminuiva,
aumentavano anche
le loro risposte di piacere.
Cioè i partecipanti ci dicevano
di amare di più un certo brano musicale
e avevano anche più risposte
fisiologiche associate:
i brividi, la pelle d'oca.
Non solo, quando aumentava la dopamina,
aumentavano anche quelle risposte
che noi chiamiamo motivazionali.
In questo caso i partecipanti
erano disposti a pagare di più
per ottenere il brano
che stavano ascoltando.
Cioè erano disposti a dare dei soldi
per avere quel brano,
quella musica nella loro vita.
Quindi il piacere, la motivazione
legati alla liberazione di dopamina
sono fondamentali quando
cerchiamo di capire il ruolo della musica
nella nostra vita, o quantomeno
perché è nella nostra vita.
Rimane però aperta
una domanda fondamentale, cioè:
tutto questo piacere così avvolgente,
così intenso che cambia
le nostre giornate in positivo
è fine a sé stesso?
Cioè, qual è veramente
il ruolo della musica nella nostra vita?
Per provare a rispondere
vi propongo di continuare insieme
un viaggio nelle attivazioni celebrali
e vi chiedo, per quanto possibile,
di provare ad immaginare
di essere qui da soli,
mettervi le vostre cuffie,
i vostri auricolari
e cominciare ad ascoltare
una delle vostre canzoni preferite.
Quello che accadrà,
è che il vostro cervello
comincerà ad accendersi,
creando una vera e propria
costellazione di attivazioni
che riguardano aree che si attivano
e che regolano le nostre emozioni,
il nostro comportamento,
ma anche altre aree che sono implicate
nella percezione, nel movimento,
nel linguaggio, nella memoria.
La musica crea una vera e propria
sinfonia neurale nel nostro cervello.
Lo attiva e lo modula interamente.
E così facendo è capace di modularne
l'anatomia e la funzionalità.
Allora adesso possiamo fare
un passaggio fondamentale.
Visto che la maggior parte
di questi substrati neurali,
la maggior parte di queste aree
che la musica attiva
in realtà sono aree
che noi attiviamo tutti i giorni
per compiere tantissime altre attività:
sentire, leggere, parlare, camminare.
Allora possiamo cominciare a pensare
di usare la musica
per stimolare queste altre regioni
e quindi queste altre funzioni quotidiane.
È quello che ad oggi hanno fatto
moltissimi studi di psicologia,
di neuroscienze.
Ad esempio gli studi
che si sono interessati
alla capacità della musica
di stimolare delle aree
implicate nel movimento
e come questa possa essere utilizzata
in caso di deficit di movimento,
come nella malattia di Parkinson.
O ancora gli studi che si sono focalizzati
sul rapporto strettissimo
che c'è tra la musica e il linguaggio:
la musica è un vero e proprio
linguaggio universale
e possiamo utilizzare questo rapporto
ad esempio per migliorare le capacità
di lettura in bambini dislessici.
Di ricerca se n'è fatta tanta
e come spesso accade
nella ricerca scientifica
tanto ne rimane da fare e da supportare.
Io oggi vorrei parlarvi
di una fetta di questa ricerca.
È qualcosa che mi interessa
particolarmente,
ma che in realtà ci tocca
tutti nel profondo,
perché si tratta del rapporto che esiste
tra la musica e la nostra memoria.
Prima però lasciate che si attivi
un po' nel vostro cervello
quella sinfonia neurale
grazie alle note che vi farà Andrea.
[Musica e memoria]
(Musica)
La musica ha un fortissimo -
(Applausi)
Ovviamente questa presentazione
non avrebbe lo stesso valore
senza tutto questo.
So che è un valore aggiunto.
La musica ha un fortissimo
potere evocativo,
cioè un brano musicale
ha il potere letterale
di farci viaggiare nel tempo,
perché grazie ad un brano musicale
noi possiamo recuperare sensazioni,
esperienze, persone,
emozioni che associamo a quel brano.
Magari quello che vi è successo adesso
con questa versione di Bohemian Rapsody.
A giudicare dall'applauso direi di sì.
Perché sicuramente
vi è suonata famigliare.
Altri l'hanno riconosciuta.
I fan, fin da subito, dalle prime note,
e altri ci hanno messo un po' di più.
Insieme al riconoscimento,
è arrivato il ricordo
delle parole associate, per alcuni,
e altri sono andati oltre
e sono riusciti
ad associare a questo brano
dei ricordi della propria vita.
Noi questo potere evocativo della musica
l'abbiamo preso e portato in laboratorio
con il fine di capire
quali fossero i meccanismi alla base
e capire quindi un po' di più
che cosa ci fosse dietro.
Abbiamo condotto vari studi
su persone giovani,
su persone anziane,
in cui chiedevamo di memorizzare
delle informazioni con o senza musica,
e nel frattempo però monitoravamo anche
la loro attività celebrarle.
Quello che abbiamo scoperto
è che la musica può veramente aiutarci
a ricordare meglio le informazioni
e nel farlo, cioè mentre aiuta
i nostri processi di memoria,
modula il nostro cervello.
Andando a modulare quelle aree
che sì sappiamo essere importanti
per memorizzare, mantenere,
recuperare un'informazione,
ma anche aree che sono implicate
nella regolazione delle nostre emozioni
e quindi del nostro piacere.
Eccole che le ritroviamo,
le nostre risposte di piacere.
Qui non sono fine a sé stesse,
diventano rilevanti,
diventano fondamentali,
perché quello che abbiamo scoperto
è che più siamo in grado di attivare
le nostre risposte di piacere,
di ricompensa, di motivazione
in risposta alla musica,
più brividi abbiamo,
più queste risposte potranno attivare
delle regioni che sono importanti
nella formazione dei nostri ricordi
e quindi maggiori saranno i benefici
della musica sulla nostra memoria.
Questo ovviamente ha
delle implicazioni importantissime,
soprattutto se pensiamo
ai casi di deficit di memoria,
soprattutto se pensiamo
alla nostra società,
che va incontro ad un incremento
dell'invecchiamento,
sia normale sia patologico.
Durante le mie ricerche
ho avuto l'opportunità grandissima
di vedere dei pazienti Alzheimer
che erano completamenti spenti
dalla malattia,
essere in grado di riconoscere
un brano del loro passato
e anche solo per un secondo
uscire da quell'apatia.
La musica attraverso le emozioni
in queste persone riesce a far riaffiorare
dei ricordi autobiografici,
cioè dei ricordi della loro vita
che proprio a causa della malattia
sembravano persi fino all'istante prima.
E in alcuni casi
riesce anche a facilitare l'apprendimento
di nuove informazioni.
Questo tipo di ricerche ci fa capire
un po' di più come funzioniamo,
come funziona il nostro cervello,
che è il nostro organo più complesso
e forse più affascinante.
E io credo che ci insegnino
anche qualcosa.
In questo caso ci insegnano
che le nostre risposte emozionali,
emotive, quelle di piacere,
quelle che consideriamo più istintive,
arcaiche, basse, irrazionali,
in realtà le possiamo prendere
e le possiamo utilizzare
per andare a modulare,
migliorare, stimolare
delle funzioni cognitive
che invece consideriamo alte, complesse,
come l'apprendimento e la memoria.
Tutti gli studi di neuroscienze e musica
vanno nella stessa direzione
nel sottolineare l'importanza
della musica nella nostra vita.
E nella vita significa
nella nostra società.
Non solo nelle nostre case,
nelle nostre cuffie,
ma anche in ambito educativo,
quando muoviamo
i primi passi nella società,
e in abito clinico
quando invece abbiamo
delle difficoltà sul nostro percorso.
La musica è uno strumento potente,
ma questa potenza non è invasiva,
è a basso costo, e non solo può,
ma deve essere accessibile a tutti.
Quindi riempiamo la nostra vita di musica,
diamo la possibilità al nostro cervello
di cambiare e trasformarsi nel profondo
e di farlo per tutto l'arco
della nostra esistenza.
Diamogli la possibilità di un cambiamento
che è fondamentale per il nostro
funzionamento cognitivo.
Ascoltiamo musica, facciamo musica,
non ci perdiamo neanche
un secondo di quel piacere,
di quei brividi che ci può dare.
Liberiamo tutta la dopamina possibile.
Attenzione però, scegliamola bene
la musica che ascoltiamo oggi,
perché potrebbe essere proprio quella
a riattivarci domani.
Grazie.
(Applausi)
What would happen,
if you woke up tomorrow morning
in a world without music?
You would’ve lost something beautiful,
something that you like.
But would it be simply a case of
giving up something that you like,
like eating pizza on Saturday evening?
Or would you encounter
a much more profound change?
Music is everywhere,
it’s found in all cultures,
in every corner of the world,
because it’s what allows us
to connect with each other.
It’s a relational glue,
just think of what normally
happens at concerts,
and it’s the soundtrack
to our lives and events.
Music seems like something
we’ve always had inside us.
The strange object that you see behind me
is an archaeological find,
more precisely it’s a bone.
It’s the bone of a cave bear
dating back to about 55,000 years ago.
What does it have to do with music?
Some scholars have focused on this bone,
precisely on these holes;
and have tried to reconstruct it,
formulating a hypothesis that,
today is much more appealing.
In fact, it could be the oldest
musical instrument in history,
subsequently nicknamed
the "Neanderthal Flute".
It often happens, what we stumbled upon
in the first steps of human evolution
can also be found in the first steps
of our personal evolution,
as single individuals,
in the evolution of our lives.
Neuroscience studies show us
that we are natural born musical.
Our brain as newborns,
in the first hours of life,
manage to specifically respond to music,
musical structure, melody and rhythm,
to music’s different
emotional nuances.
Indeed, the presence of music in our lives
seems to deal precisely with our brain
and, in particular, with changes
that occur in the oldest circuits
at the evolutionary level,
the deepest ones,
even anatomically speaking.
A substance plays a key role here
which is crucial for the regulation
of our behaviour, every day.
This substance is dopamine.
Dopamine is a neurotransmitter
that we usually release
right in the oldest,
deepest areas of our brain
in response to stimuli
such as food or sex.
They are stimuli that attract us,
give us pleasure,
that motivate us, reward us
and are also somehow related
to our survival.
However, what we have recently discovered
is that dopamine is also released
in response to music.
So let's see how many of you,
at least once in life,
listening to a song, a piece of music,
have experienced this feeling here.
I’d say at least 90%.
These are chills, goosebumps
they’re our body’s physiological
or psychophysiological responses
that we can link to intense pleasure.
Part of my research
precisely focuses
on this kind of phenomena,
approaching them, however,
in a rather particular way.
In fact, with colleagues
based in Barcelona and Montreal,
we directly activated and deactivated
the mechanisms in the brain
that we thought could account
for these phenomena,
and in particular
the release of dopamine.
A pharmacological study allowed us
to increase and decrease -
temporarily, so don't worry -
the release of dopamine
in people's brains.
We did this while our attendes
were listening to music.
It could be their favourite music
or pop-rock music we had chosen,
music that is normally heard on the radio.
What we discovered
is that when dopamine increased
compared to when it decreased,
their pleasure responses also increased.
Namely, the participants told us
they'd rather hear a certain song
and they also had more
associated physiological responses:
shivers, goosebumps.
Additionally, when the dopamine increased,
what we call motivational answers
did also increase.
In this case, the participants
were willing to pay more
to obtain the song they were listening to.
Namely, they were willing
to give money to have that song,
that music in their life.
So the pleasure and motivation
linked to the release of dopamine
are key to the understaning
of the role of music in our life,
or at least why it’s in our life.
However, the fundamental question remains:
all of this cozy pleasure,
so intense that it affects
our lives positively,
is an end in itself?
Namely, what is the true
role of music in our lives?
To try to answer this,
I suggest to keep exploring
brain activations together,
and I ask you, as much as you can,
to try to imagine being here alone.
Put on your headphones, your earphones,
and start listening
to one of your favourite songs.
What will happen
is that your brain starts to switch on,
creating a veritable
cascade of activations
concerning areas that are activated
and regulate our emotions, our behaviour,
as well as the areas that are involved
in perception, movement,
language, and memory.
Music creates a veritable
neural symphony in our brain.
It activates and modulates it entirely.
In doing so, it’s able to modulate
the anatomy and its functionality.
So now we can take
a fundamental step forward.
Given that most
of these neural substrates,
most of these areas activated by music
are actually areas
that we activate every day
to perform many other activities -
hearing, reading, talking, walking -
then we can start thinking
about using music
to stimulate these other regions
and then these other daily functions.
That's what have done today
many psychology and neuroscience studies.
For example, studies on music's ability
to stimulate areas involved in movement,
and how this can be used
in cases of movement deficit,
such as Parkinson's disease.
Or studies focused
on the close relationship
between music and language:
music is a veritable universal language,
and we can use this relationship
to improve, for example,
dyslexic children’s reading skills.
Much research has been done
and, as often happens
in scientific research,
there is still much to do and support.
Today I would like to talk to you
about a portion of this research.
It’s something that
particularly interests me
but actually profoundly affects us all.
It’s the relationship that exists
between music and our memories.
But first, let that neural symphony
activate in your brain
thanks to the notes that Andrea will play.
[Music and memory]
(Music)
Music has a very strong -
(Applause)
Obviously this presentation
wouldn’t have the same value
without all of this.
I know it's an added value.
Music has a very strong evocative power.
A song has literally the power
to let us travel in time,
because thanks to a song
we can rediscover feelings,
experiences, people,
emotions we associate with that song.
Perhaps this is what happened to you now
with this version of "Bohemian Rhapsody".
Judging by the applause, I’d say so.
Because it’s undoubtedly familiar to you.
Others recognised the song.
Fans, immediately, from the first notes,
and others took a little longer.
Along with the recognition,
some remembered the associated lyrics
and others went beyond this
and were able to associate this song
with memories from their own lives.
We brought music's evocative power
into the laboratory,
aiming to understand
what its base mechanisms were
and, therefore, better understand
what was behind it.
We ran several studies:
on young people, elderly people,
where we asked them to retain information,
with or without music,
while monitoring in the meanwhile
their brain activities.
What we discovered
is that music can really help us
remember information better
and in doing so, while it helps
our memory processes,
it modulates our brains.
Modulating those areas
that we know are important
to store and retrieve information,
as well as areas that are involved
in the expression of our emotions
and, therefore, our pleasure.
Here we encounter
our pleasure responses again.
Here they aren’t an end in themselves:
they become relevant and fundamental.
Because we found out,
the better we are
to activate our pleasure, reward,
and motivation responses
in reaction to music,
the more chills we have,
the more these responses
can activate regions
that play an important role
in forming our memories.
And consequently, the benefits of music
on our memory will be greater.
Obviously, this has
very important implications,
especially if we consider
cases of memory deficits,
especially if we consider our society,
which is experiencing
an increase in ageing,
both normal and pathological.
During my research
I had the greatest opportunity
to see Alzheimer patients
who were completely
extinguished by the illness,
being able to recognise
a song from their past
and emerge from that apathy,
even just for a second.
Music has the power,
through these people’s emotions,
to bring back some personal memories,
that is, memories of their lives
that seemed lost until a moment before,
precisely because of the illness.
And in some cases,
music also manages to facilitate
the learning of new information.
This type of research lets us understand
a little more about how we operate,
how our brain works,
our most complex,
perhaps most fascinating organ.
I believe, these studies
also teach us something.
In this case, they teach us
that our emotional responses,
emotive, pleasure, those we deem
more instinctive, archaic,
shallow, irrational,
we can actually take them
and use them to modulate, improve,
and stimulate cognitive functions
that instead we deem high and complex,
such as learning and memory.
All neuroscience and music studies
move in the same direction,
stressing the importance
of music in our lives.
In our lives means in our society.
Not only in our homes, in our headphones:
but also in education,
when we take our first steps in society;
and in a clinical setting,
when instead we deals
with hardships on our journey.
Music is a powerful instrument,
but this power is non-invasive, cheap
and not only it can,
it must be accessible to all.
So let's fill our lives with music,
giving our brains the chance
to profoundly change, transform itself,
throughout our entire existence.
Let's give our brains
the chance to change,
which is fundamental
for our cognitive functioning.
Let's listen to music, let’s make music,
let's not miss out
on even a second of that pleasure,
of those shivers that it can give us.
Let’s release as much dopamine as we can.
But let's carefully choose
the music we listen to today,
because it could be the very music
that will reactivate us tomorrow.
Thank you.
(Applause)
(Musique)
Que se passerait-il
si demain matin vous vous réveilliez
dans un monde sans musique ?
Il vous manquerait quelque chose de beau,
quelque chose que vous aimez,
mais s'agirait-il juste de renoncer
à quelque chose que vous aimez
comme manger une pizza le samedi soir,
ou seriez-vous confronté
à un changement beaucoup plus profond ?
La musique est partout,
on la retrouve dans toutes les cultures,
aux quatre coins du monde,
car elle nous permet
de nous connecter les uns avec les autres.
C'est un ciment relationnel.
On le remarque en général
pendant les concerts.
C'est aussi la bande originale
de notre quotidien, de notre vie.
La musique semble être quelque chose
qu'on emmène avec soi depuis toujours.
L'objet un peu étrange
que vous voyez derrière moi
est une pièce archéologique,
il s'agit d'un os.
C'est l'os d'un ours des cavernes
datant d'à peu près 55 000 ans.
Quel rapport ?
Le rapport, c'est que des chercheurs
se sont concentrés sur cet os,
plus particulièrement sur ces trous,
et ont tenté de le reconstituer,
en formulant une hypothèse
bien plus séduisante pour nous.
En effet, il pourrait s'agir
du plus vieil instrument de musique
de l'histoire,
celui qu'on a ensuite surnommé
la « flûte néandertalienne ».
Souvent ce qu'on trouve
dès les premiers pas de notre évolution
en tant qu'êtres humains,
on le retrouve aussi
dans les premiers pas de notre évolution
en tant qu'individus, donc dans notre vie.
Et ce sont des études en neurosciences
qui nous montrent que nous sommes
dès notre naissance des êtres musicaux,
car notre cerveau, dès notre naissance,
pendant nos premières heures,
parvient à répondre
spécifiquement à la musique,
à la structure musicale,
à la mélodie, au rythme,
aux différentes nuances
émotives de la musique.
En effet, la présence
de la musique dans notre vie
semble liée directement
et précisément à notre cerveau,
et en particulier à des changements
qui ont lieu dans ses circuits
les plus anciens au niveau évolutif,
c'est-à-dire les plus profonds,
également au niveau anatomique.
Une substance cruciale
pour la régulation de notre comportement,
au quotidien, va jouer un rôle central.
Cette substance, c'est la dopamine.
La dopamine est un neurotransmetteur
que nous libérons la plupart du temps
dans les zones les plus anciennes
et profondes de notre cerveau
en réponse aux stimuli
comme la nourriture ou le sexe.
Ce sont des stimuli qui nous attirent,
qui nous donnent du plaisir,
qui nous motivent, gratifiants
et qui sont aussi, d'une certaine façon,
liés à notre survie.
Mais ce qu'on a découvert récemment,
c'est qu'en réalité la dopamine
est aussi libérée
en réponse à la musique.
Voyons un peu combien parmi vous
au moins une fois dans leur vie,
en écoutant une chanson,
un morceau de musique,
ont ressenti cette sensation-là.
Comme ça, je dirais un bon 90%.
Ce sont les frissons, la chair de poule,
les réponses de notre corps,
physiologiques, ou psychophysiologiques,
que l'on peut associer au plaisir intense.
Dans une partie de mes recherches,
je me suis justement focalisée
sur ce type de phénomènes
mais en les abordant
avec un angle un peu particulier.
En effet, avec des collègues
de Barcelone et de Montréal,
nous avons activé et désactivé,
directement dans le cerveau,
les mécanismes qu'on pensait être
à l'origine de ces phénomènes,
en particulier, la sécrétion de dopamine.
Nous avons fait cela
grâce à une étude pharmacologique
qui nous a permis d'augmenter
ou de diminuer,
temporairement, je vous rassure,
la sécrétion de dopamine
dans le cerveau des personnes,
et nous l'avons fait
pendant que nos participants
écoutaient de la musique.
Ça pouvait être leur musique préférée
ou de la musique pop-rock
choisie par nos soins,
celle qui d'ordinaire passe à la radio.
Nous avons découvert
que quand la dopamine augmentait
par rapport au moment où elle baissait,
leurs réponses de plaisir
augmentaient simultanément.
Les participants qui disaient
aimer davantage un morceau précis
avaient davantage de réponses
physiologiques associées :
les frissons, la chair de poule.
Ce n'est pas tout :
quand la dopamine augmentait,
les réponses dites motivationnelles
augmentaient aussi.
Dans ce cas, les participants
étaient prêts à payer plus cher
pour obtenir le morceau
qu'ils étaient en train d'écouter.
Ils étaient prêts à donner de l'argent
pour avoir ce morceau-là,
cette musique-là dans leur vie.
Donc le plaisir et la motivation
liés à la sécrétion de dopamine
sont fondamentaux pour
comprendre le rôle de la musique
dans notre vie, ou du moins
pourquoi elle est dans notre vie.
Une question fondamentale
reste toutefois sans réponse :
tout ce plaisir aussi envoûtant,
aussi intense qui rend
nos journées plus belles
est-il une fin en soi ?
Quel rôle la musique joue-t-elle
réellement dans notre vie ?
Pour tenter de répondre,
je vous propose de poursuivre ensemble
un voyage dans les activations cérébrales
et je vous demande, autant que possible,
d'essayer d'imaginer que vous êtes seul,
que vous mettez votre casque
ou vos écouteurs
et que vous commencez à écouter
une de vos chansons préférées.
Ce qu'il va se passer,
c'est que votre cerveau
va commencer à s'illuminer,
en créant une véritable
constellation d'activations,
à la fois dans les zones qui s'activent
pour réguler nos émotions,
notre comportement,
mais aussi dans d'autres zones impliquées
dans la perception, le mouvement,
le langage, la mémoire.
La musique crée une véritable
symphonie neuronale dans notre cerveau.
Elle l'active et le module entièrement.
Et ce faisant, elle peut en moduler
l'anatomie et la fonctionnalité.
Maintenant nous sommes arrivés
à une étape cruciale
car la plupart de ces substrats neuraux,
la plupart de ces zones
activées par la musique
sont en réalité des zones
qu'on active tous les jours
pour réaliser bien d'autres activités :
écouter, lire, parler, marcher.
On peut alors commencer à envisager
l'utilisation de la musique
pour stimuler ces autres régions
et donc, ces autres fonctions
quotidiennes.
C'est ce qu'ont fait de très nombreuses
études en psychologie
et en neurosciences.
Par exemple, les études
qui se sont intéressées
à la capacité de la musique
à stimuler des zones
impliquées dans le mouvement
et à la façon dont elle peut être utilisée
en cas de déficit de mouvement,
dû à la maladie de Parkinson par exemple.
D'autres études se sont focalisées
sur le rapport très étroit
entre la musique et le langage :
la musique est un véritable
langage universel
et nous pouvons utiliser ce rapport
pour améliorer, par exemple, les capacités
de lecture chez les enfants dyslexiques.
Il y a eu beaucoup de recherches
et comme souvent dans
la recherche scientifique,
il reste tant à faire.
Je voudrais vous parler
d'une partie de cette recherche,
quelque chose qui m'intéresse
particulièrement,
mais qui en réalité nous touche
tous au plus profond de nous,
car il s'agit du rapport entre
la musique et notre mémoire.
Mais tout d'abord,
permettons à votre cerveau de s'activer,
en une symphonie neurale grâce
aux notes que va vous jouer Andrea.
[Musique et mémoire]
(Musique)
La musique a un très fort -
(Applaudissements)
Cette présentation ne serait
bien sûr pas la même
sans tout ça.
Je sais que c'est un vrai plus.
La musique a un très fort
pouvoir évocateur,
c'est-à-dire qu'un morceau
a littéralement le pouvoir
de nous faire voyager dans le temps,
parce qu'une musique nous permet
de retrouver des sensations,
des expériences, des personnes,
et des émotions que nous associons
à cette musique précise.
C'est peut-être ce qui vous est arrivé
avec cette version de Bohemian Rhapsody.
Si j'en juge par vos applaudissements,
c'est le cas.
Parce que cet air
vous a dû vous paraître familier.
D'autres l'ont reconnu.
Les fans, dès les premières notes,
d'autres ont mis plus de temps.
Après avoir reconnu l'air,
certains se sont souvenu des paroles,
et d'autres sont allés plus loin
et ont associé à ce morceau
des souvenirs de leur propre vie.
Ce pouvoir évocateur de la musique,
nous l'avons pris et emmené en laboratoire
avec pour objectif de comprendre
quels étaient les mécanismes à son origine
et donc comprendre un peu plus
ce qu'il y a derrière.
Nous avons mené diverses études
sur des personnes jeunes,
sur des personnes âgées,
à qui nous demandions de mémoriser
des informations avec ou sans musique,
mais pendant ce temps, nous contrôlions
aussi leur activité cérébrale.
Nous avons découvert
que la musique peut vraiment nous aider
à mieux retenir les informations
et pendant qu'elle aide
nos processus de mémorisation,
elle module notre cerveau.
Elle module en fait ces zones
dont on connaissait l'importance
pour mémoriser, conserver
et récupérer l'information,
et aussi les zones impliquées
dans la régulation de nos émotions
et donc, de notre plaisir.
Les voilà, on les retrouve,
nos réponses de plaisir.
Ici, elles ne sont pas une fin en soi,
elles deviennent pertinentes,
elles deviennent fondamentales,
parce que nous avons découvert
que plus on est en mesure d'activer
nos réponses de plaisir,
de récompense, de motivation
en réponse à la musique,
plus nous avons de frissons,
plus ces réponses pourront activer
des régions qui sont importantes
dans la formation de nos souvenirs.
Les bénéfices de la musique sur
notre mémoire seront donc plus grands.
Ceci a évidemment une importance capitale,
surtout si on pense
aux cas de pertes de mémoire,
dans notre société particulièrement,
où la part de personnes âgées
en bonne santé ou malades augmente.
Pendant mes recherches,
j'ai eu l'incroyable opportunité
de voir des patients atteints d'Alzheimer
complètement perdus,
parvenir à reconnaître
une chanson de leur passé
et sortir de leur état d'apathie,
ne serait-ce qu'un instant.
La musique, à travers les émotions,
peut faire ressortir chez ces personnes
des souvenirs autobiographiques,
des souvenirs de leur vie
qui à cause de la maladie
semblaient jusque-là perdus.
Et dans certains cas,
elle parvient à faciliter l'apprentissage
de nouvelles informations.
Ce type de recherches fait un peu avancer
notre compréhension des mécanismes
de notre cerveau,
qui est notre organe le plus complexe
et peut-être le plus fascinant.
Et je crois qu'elles nous apprennent
aussi quelque chose :
elles nous apprennent que
nos réponses émotionnelles, émotives,
celles du plaisir, qu'on considère
comme des plus instinctives,
archaïques, primales et irrationnelles,
il est possible de s'en « emparer »
et de les utiliser pour moduler,
améliorer et stimuler
des fonctions cognitives complexes
qui en semblent pourtant éloignées,
comme l'apprentissage et la mémoire.
Toutes les études en neurosciences
et en musique s'accordent à souligner
l'importance de la musique dans notre vie.
Et par notre vie, je veux dire
dans notre société.
Pas seulement chez soi avec ses écouteurs,
mais aussi en milieu éducatif,
à l'occasion de nos premiers pas
dans la société,
et en milieu clinique,
quand nous rencontrons
des difficultés sur notre parcours.
La musique est un instrument dont
la puissance n'est pas envahissante,
elle ne coûte presque rien, peut,
et surtout, doit être accessible à tous.
Donc remplissons notre vie de musique,
permettons à notre cerveau de changer,
de se transformer en profondeur
et de le faire tout au long
de notre existence.
Donnons-lui la possibilité d'un changement
qui s'avère être fondamental
pour notre fonctionnement cognitif.
Écoutons de la musique,
jouons de la musique,
ne perdons aucune seconde de ce plaisir,
de ces frissons qu'elle peut nous offrir.
Sécrétons autant de dopamine que possible.
Mais attention, choisissons-la bien
la musique que nous écoutons aujourd'hui,
car elle pourrait être celle
qui nous réactivera demain.
Merci.
(Applaudissements)
(Muzică)
Ce s-ar întâmpla
dacă mâine v-aţi trezi
într-o lume fără muzică?
Cu siguranţă aţi pierde ceva frumos,
ceva ce vă place,
dar ar fi doar ca și cum ați renunţa
la ceva ce vă place,
cum ar fi să mâncaţi o pizza
sâmbătă seara
sau v-ați confrunta
cu o schimbare şi mai profundă?
Muzica e peste tot,
o găsim în toate culturile,
în orice colţ al lumii,
fiindcă e ceea ce ne permite
să ne unim unii cu alţii.
E un liant relaţional,
e de ajuns să te gândeşti
la ceea ce se petrece la concerte
şi la coloana sonoră a zilelor noastre,
a evenimentelor noastre.
Muzica pare a fi ceva
ce purtăm cu noi dintotdeauna.
Obiectul straniu
pe care îl vedeţi în spatele meu
e un artefact arheologic,
mai exact e vorba despre un os.
Este osul unui urs al cavernelor
ce datează de acum circa 55.000 de ani.
Ce legătura are asta?
Are, deoarece unii cercetători
s-au concentrat pe acest os,
anume pe acele orificii,
şi au încercat să-l reproducă,
formulând o ipoteză care pentru noi azi
e mult mai atrăgătoare.
De fapt, ar putea fi vorba
despre instrumentul muzical
cel mai vechi din istorie,
cel care a fost apoi supranumit
„Flautul din Neandertal”.
Deseori ceea ce noi găsim
la începutul evoluţiei noastre
ca fiinţe umane,
în realitate găsim
în primii paşi ai evoluţiei noastre
ca indivizi, deci ai vieţii noastre.
Studiile neuroştiinţifice
indică faptul că noi
ne naştem deja ca fiinţe muzicale,
de fapt creierul nostru, ca nou-născuţi,
în primele ore de viaţă,
reuşeşte să reacţioneze
în mod special la muzică,
la structura muzicală,
la melodie, la ritm,
la diverse nuanţe emoţionale ale muzicii.
Prezenţa muzicii în viaţa noastră
pare a fi legată de creierul nostru
şi în special de schimbările
ce survin în circuitele sale
cele mai vechi la nivel evolutiv,
adică cele mai profunde,
şi la nivel anatomic.
Un rol cheie îl joacă o substanţă
care e esenţială în reglarea
comportamentului nostru din fiecare zi.
Această substanţă este dopamina.
Dopamina e un neurotransmițător
pe care noi îl eliberăm
anume în zonele cele mai vechi
şi profunde ale creierului nostru
drept răspuns la stimuli
precum mâncarea sau sexul.
Sunt stimuli care ne atrag,
care ne oferă plăcere,
care ne motivează,
care ne oferă recompensă
şi care sunt într-un fel legaţi
de supravieţuirea noastră.
Ceea ce am descoperit recent
e că în realitate dopamina este eliberată
şi ca reacţie la muzică.
Să vedem câţi dintre voi,
cel puţin o dată în viaţă,
ascultând un cântec, un fragment muzical,
au avut această senzaţie.
Din câte văd, aş spune că 90% dintre voi.
Aceştia sunt fiori, piele de găină,
sunt răspunsuri ale corpului nostru,
fiziologice sau psihofiziologice,
pe care le putem asocia
cu plăcerea intensă.
În una dintre cercetările mele
m-am concentrat anume
pe acest tip de fenomene,
însă abordându-le într-un mod special.
De fapt, alături de colegii
din Barcelona şi Montreal,
am încercat să activăm sau să dezactivăm
direct în creierul nostru
ceea ce credeam că pot fi mecanismele
de la baza acestor fenomene,
şi în special eliberarea dopaminei.
Am făcut-o grație unui studiu farmacologic
care ne-a permis să majorăm
sau să diminuăm temporar,
deci nu vă faceți griji,
eliberarea dopaminei
în creierul persoanelor,
şi am făcut-o în timp ce persoanele,
în timp ce participanţii noştri
ascultau muzică.
Muzica putea fi melodia lor preferată
sau muzica pop-rock aleasă de noi,
care se difuzează de obicei la radio.
Ceea ce am descoperit
e că atunci când dopamina creştea
faţă de atunci când scădea,
creşteau şi reacţiile lor de plăcere.
Participanţii spuneau că le place mai mult
un tip de piesă muzicală
şi aveau şi reacţiile
fiziologice asociate:
fiorii, pielea de găină.
Şi nu doar atât: când creștea dopamina,
creşteau şi reacţiile
pe care le numim motivaţionale.
În acest caz, participanţii
erau dispuşi să plătească mai mult
pentru a obţine cântecul
pe care îl ascultau.
Adică erau dispuşi să dea bani
pentru a avea acel cântec,
acea muzică în viaţa lor.
Deci plăcerea și motivația,
fiind legate de eliberarea dopaminei
sunt fundamentale atunci când încercăm
să înţelegem rolul muzicii
în viaţa noastră, sau cel puţin
de ce e prezentă în viaţa noastră.
Rămâne totuşi fără răspuns
o întrebare esenţială:
această plăcere atât de învăluitoare,
atât de intensă încât ne schimbă
zilele în mod pozitiv,
reprezintă un scop în sine?
Care e de fapt
rolul muzicii în viaţa noastră?
Pentru a răspunde,
vă propun să continuăm împreună
o călătorie în activările cerebrale
şi vă rog, pe cât posibil,
să încercaţi să vă imaginaţi
că sunteţi singuri,
puneţi-vă căştile audio
şi începeți să ascultaţi
unul dintre cântecele voastre preferate.
Ceea ce se va întâmpla
este că creierul vostru
va începe să se aprindă,
creând o adevărată
constelaţie de activări
în zonele care se activează
şi care reglează emoţiile noastre,
comportamentul nostru,
dar şi alte zone care sunt implicate
în percepţie, în mişcare,
în limbaj, în memorie.
Muzica creează o adevărată
simfonie neuronală în creierul nostru.
Îl activează şi îl modelează în întregime.
Astfel e capabilă să-i modeleze
anatomia şi funcţionalitatea.
Acum putem să trecem
la un aspect important.
Dat fiind că majoritatea
acestor substraturi neuronale,
o mare parte din aceste zone
pe care muzica le activează
sunt în realitate zone
pe care le activăm în fiecare zi
pentru a face multe alte activităţi:
a asculta, a citi, a vorbi, a merge...
Putem astfel începe să utilizăm muzica
pentru a stimula aceste alte regiuni,
deci aceste alte funcţii cotidiene.
Este ceea ce au făcut până în prezent
multe studii de psihologie,
de neuroştiinţă.
De exemplu, studiile care au cercetat
capacitatea muzicii de a stimula
zonele implicate în mişcare,
şi cum ar putea fi utilizată aceasta
în cazul tulburării de mişcare,
ca și în cazul bolii Parkinson.
Sau studiile care s-au concentrat
pe raportul foarte strâns
dintre muzică şi limbă:
muzica e un adevărat limbaj universal
şi putem utiliza acest raport
pentru a îmbunătăţi capacitatea
de lectură a copiilor dislexici.
S-au efectuat multe cercetări
şi cum se întâmplă deseori
în cercetarea ştiinţifică,
rămân multe de făcut şi de susţinut.
Aş vrea să vă vorbesc
despre o parte din această cercetare.
E ceva ce mă interesează în mod special,
dar care în realitate
ne afectează pe toţi în mod profund,
fiindcă e vorba despre raportul
dintre muzică şi memoria noastră.
Mai întâi, lăsaţi să se activeze
un pic în creierul vostru
acea simfonie neuronală
grație interpretării lui Andrea.
[Muzica şi memoria]
(Muzică)
Muzica are o puternică...
(Aplauze)
Evident că această prezentare
nu ar fi avut aceeaşi valoare
fără toate acestea.
Ştiu că e un mare plus.
Muzica are o putere evocativă
foarte puternică,
adică un fragment muzical
are literalmente puterea
de a ne face să călătorim în timp,
fiindcă datorită unei melodii,
noi putem recupera senzaţii,
experienţe, persoane,
emoţii pe care le asociem cu acea piesă.
Poate ceea ce vi s-a întâmplat acum
cu această versiune a Rapsodiei Boeme.
Judecând după aplauze aş spune că da.
Fiindcă în mod sigur v-a sunat familiar.
Alţii au recunoscut-o.
Fanii, de la bun început,
de la primele note,
iar altora le-a luat un pic mai mult.
Împreună cu recunoaşterea
a venit şi amintirea
cuvintelor asociate, pentru unii,
iar alţii au mers mai departe
şi au reuşit să asocieze acest cântec
cu amintirile propriei vieţi.
Această putere evocativă a muzicii
am luat-o şi am dus-o în laborator
cu scopul de a-i înţelege
potențialele mecanisme de bază
şi de a înţelege mai mult
ce se află în spatele acesteia.
Am realizat diverse studii
privind tinerii,
persoanele vârstnice,
în care le-am solicitat să memorizeze
informaţii cu muzică şi fără,
monitorizându-le între timp
şi activitatea cerebrală.
Ceea ce am descoperit
e că muzica poate într-adevăr să ne ajute
să ţinem minte mai bine informaţiile
şi astfel, în timp ce ajută
procesele noastre de memorie,
ne modulează creierul.
Modulând acele zone
care ştim că sunt importante
pentru memorizarea, stocarea,
recuperarea unei informaţii,
dar şi zone ce sunt implicate
în reglarea emoţiilor noastre,
deci a plăcerii noastre.
Iată că le regăsim,
răspunsurile noastre de plăcere.
Aici nu sunt un scop în sine,
devin relevante, devin fundamentale,
fiindcă, am descoperit,
cu cât putem activa mai mult
răspunsurile noastre de plăcere,
de recompensă, de motivare
ca o reacţie la muzică,
cu cât mai mulţi fiori avem,
cu atât aceste răspunsuri
pot activa regiunile importante
în formarea amintirilor noastre,
iar beneficiile muzicii vor fi mai mari
asupra memoriei noastre.
Desigur, acest lucru
are consecinţe importante,
dacă ne gândim la cazurile
de deficienţă de memorie,
în special dacă ne gândim
la societatea noastră
care se confruntă cu o creştere
a populaţiei în vârstă,
fie normală sau patologică.
În timpul cercetărilor mele
am avut marea oportunitate
să văd pacienţi cu Alzheimer
care erau complet măcinați de boală,
dar capabili să recunoască
un cântec din trecutul lor,
şi fie pentru o singură secundă
să iasă din acea apatie.
Muzica, prin intermediul emoţiilor,
reușește să readucă în aceste persoane
amintiri autobiografice,
adică amintirile vieţii lor,
care din cauza bolii
păreau până acum pierdute.
Şi în unele cazuri
reuşeşte să ajute
la învăţarea noilor informaţii.
Acest tip de studii ne ajută
să înţelegem mai bine cum funcţionăm,
cum funcţionează creierul nostru,
care e organul cel mai complex
şi probabil cel mai fascinant.
Eu cred că ne învaţă şi pe noi ceva.
În acest caz ne învaţă
că reacţiile noastre emoţionale,
emotive, cele de plăcere,
cele pe care le considerăm instinctive,
primitive, slabe, iraţionale,
în realitate le putem lua
şi le putem utiliza pentru a modela,
a îmbunătăţi, a stimula
funcţiile cognitive
pe care le considerăm superioare,
complexe, precum învăţarea şi memoria.
Toate studiile de neuroştiinţă şi muzică
se îndreaptă spre aceeaşi direcţie
în sublinierea importanţei muzicii
în viaţa noastră.
Iar „în viaţă” înseamnă
în societatea noastră.
Nu doar în casele noastre,
în căştile noastre,
ci şi în domeniul educaţiei,
când facem primii paşi în societate,
şi în domeniul medical
când întâmpinăm dificultăţi
în calea noastră.
Muzica e un instrument puternic,
dar această putere nu e invazivă,
are un cost redus, şi nu doar poate,
ci şi trebuie să fie accesibilă tuturor.
Deci să umplem viaţa noastră cu muzică,
să dăm şansa creierului nostru să schimbe
şi să se transforme în profunzime
şi să o facem pe tot parcursul
existenţei noastre.
Să-i oferim posibilitatea unei schimbări
care e fundamentală
pentru funcţionarea noastră cognitivă.
Să ascultăm muzică, să facem muzică,
să nu pierdem
nicio secundă din acea plăcere,
din acei fiori pe care ni-i poate oferi.
Să eliberăm toată dopamina posibilă.
Însă atenţie la muzica
pe care alegem să o ascultăm astăzi,
fiindcă asta ar putea fi
ceea ce ne va reactiva mâine.
Vă mulţumesc!
(Aplauze)