Ho sempre voluto diventare un laboratorio ambulante di coinvolgimento sociale, per capire i sentimenti delle altre persone, i pensieri, le intenzioni, le motivazioni, nel momento in cui sono con loro. Come scienziato, ho sempre voluto misurare quell'eco, quella percezione dell'altro che arriva all'improvviso, in un batter d'occhio. Noi intuiamo i sentimenti degli altri. Conosciamo il significato delle loro azioni anche prima che queste accadano. Ci troviamo sempre nella posizione di essere l'oggetto della soggettività di qualcun altro. Lo facciamo continuamente. Non possiamo proprio evitarlo. È così importante che proprio gli strumenti che usiamo per capire noi stessi, per capire il mondo intorno a loro, sono plasmati da quella posizione. Noi siamo sociali fino al midollo. Il mio viaggio nell'autismo è iniziato quando vivevo in un'unità residenziale per adulti autistici. La maggior parte di loro aveva passato gran parte della propria vita in ospedale. Questo tanto tempo fa. Per loro, l'autismo è stato devastante. Avevano serie disabilità di apprendimento. Non parlavano. Ma soprattutto, erano incredibilmente isolati dal mondo circostante, dal loro ambiente e dalle persone. Eppure, all'epoca, entrando in una scuola per persone autistiche, si sarebbe sentito molto rumore, molta agitazione, movimento, persone fare delle cose, ma farle sempre per conto proprio. Magari osservano una lampadina sul soffitto, o magari sono isolati in un angolo, o magari sono impegnati in questi gesti ripetitivi, comportamenti auto-stimolanti che non li portano da nessuna parte. Estremamente, estremamente isolati. Adesso sappiamo che l'autismo è un'interruzione, l'interruzione di quest'eco di cui vi parlo. Queste sono tecniche di sopravvivenza. Queste sono tecniche di sopravvivenza che abbiamo ereditato in centinaia e centinaia di migliaia di anni di evoluzione. Sapete, i bambini nascono in condizioni di estrema fragilità. Non sopravviverebbero senza chi si prende cura di loro, perciò è logico che la natura li abbia dotati di questi meccanismi di sopravvivenza. Si orientano verso chi si prende cura di loro. Sin dai primi giorni e settimane di vita, i bambini preferiscono sentire suoni umani piuttosto che i rumori dell'ambiente. Preferiscono osservare le persone piuttosto che le cose, e anche mentre stanno osservando le persone, loro osservano gli occhi delle persone, perché gli occhi sono la finestra sulle esperienze dell'altro, tant'è vero che preferiscono osservare le persone che li osservano piuttosto che quelle che guardano altrove. I bambini tendono verso chi si prende cura di loro. E loro cercano il bambino. È al di fuori di questa coreografia che si rafforza reciprocamente che dipende molto di ciò che è importante per l'affermazione della mente, la mente sociale, il cervello sociale. Pensiamo sempre all'autismo come qualcosa che accade nel corso della vita. Non è così. Comincia con l'inizio della vita. Interagendo con chi si prende cura di loro, i bambini scoprono in fretta che c'è qualcosa, tra le orecchie, di molto importante -- è invisibile, non si vede -- ma è fondamentale, e quel qualcosa si chiama attenzione. Imparano presto, prima ancora di iniziare a parlare che possono prendere quell'attenzione e indirizzarla in modo da ottenere ciò che vogliono. Imparano anche a seguire lo sguardo degli altri, perché ciò che le persone osservano è ciò a cui stanno pensando. Presto, iniziano ad apprendere il significato delle cose, perché quando qualcuno osserva qualcosa, o sta indicando qualcosa, loro non ricavano solo un segnale direzionale, ma ricavano il significato che quella persona dà a quella cosa, il suo atteggiamento, e presto iniziano a costruire questa raccolta di significati, ma di significati acquisiti sul campo dell'interazione sociale. Questi sono significati che vengono acquisiti come parte delle loro esperienze condivise con gli altri. Questa è una signorina di 15 mesi, e ha l'autismo. Le sono talmente vicino che forse mi trovo a cinque centrimetri pollici dal suo viso, e lei non si accorge di me. Immaginate se lo facessi a voi, e mi mettessi a cinque centimetri dalla vostra faccia. Probabilmente fareste due cose, vero? Vi ritrarreste. Chiamereste la polizia. (Risate) Fareste qualcosa, perché è proprio impossibile penetrare lo spazio fisico di qualcuno e non ottenere una reazione. Ricordate, lo facciamo intuitivamente, senza sforzo. Questa è la sapienza del nostro corpo. Non è qualcosa che viene mediato dal linguaggio. Il nostro corpo lo sa e basta, e noi lo sappiamo da molto tempo. Questo non succede solo agli esseri umani. Succede a qualche nostro cugino bellicoso, perché se siete una scimmia, e ossevate un'altra scimmia, e quella scimmia si trova in una posizione gerarchica più alta di voi, e quello viene considerato un segnale di minaccia, bè, non rimarrete vivi a lungo. Perciò quelli che per altre specie sono meccanismi di sopravvivenza, senza di loro praticamente non vivrebbero, noi li inseriamo nel contesto umano, ed è ciò di cui abbiamo bisogno per agire, agire socialmente. Ora, lei mi ignora, e io le sono molto vicino, e voi penserete, magari ti vede, magari ti sente. Bè qualche minuto dopo, lei se ne va in un angolo della stanza, e trova un pezzetto di cioccolato, un M&M. Perciò io non son riuscito ad attirare la sua attenzione, ma qualcosa, una cosa, sì. Ora, la maggior parte di noi fa una grande dicotomia tra il mondo delle cose e il mondo delle persone. Ora, per questa bambina, la linea di divisione non è chiara, e il mondo delle persone non la attira come noi vorremmo. Ricordatevi che noi impariamo moltissimo condividendo esperienze. Quello che lei fa in questo momento fa sì che il suo cammino di apprendimento si discosti attimo per attimo mentre si isola sempre più. Perciò delle volte noi sentiamo che il cervello è deterministico, il cervello determina chi saremo. Ma in effetti anche il cervello diventa chi siamo, e nello stesso momento in cui i suoi comportamenti si distanziano dal campo dell'interazione sociale, ecco cosa sta succedendo nella sua mente e cosa sta succedendo nel suo cervello. L'autismo è la più forte patologia genetica tra tutti i disturbi dello sviluppo, ed è una malattia del cervello. È un disturbo che inizia molto tempo prima che il bambino nasca. Ora sappiamo che c'è uno spettro molto ampio di autismo. Ci sono alcuni individui che sono profondamente disabili mentalmente, ma ci sono anche quelli dotati. Ci sono quelli che non parlano proprio. Ci sono quelli che parlano troppo. Ci sono quelli che se li osservate a scuola, li vedete correre per tutto il giorno lungo la recinzione esterna della scuola se glielo lasciate fare, e quelli che non smettono di venire da voi e cercano di coinvolgervi continuamente, senza sosta, ma spesso in modo insolito, senza quell'eco immediata. Questo succede molto più spesso di quanto non pensassimo allora. Quando iniziai in questo campo, pensavamo ci fossero quattro individui con l'autismo su 10 000, una patologia molto rara. Ora sappiamo che è più di uno su 100. Ci sono milioni di persone con l'autismo intorno a noi. Il costo sociale di questa patologia è enorme. Solo negli USA, forse tra i 35 e gli 80 miliardi di dollari, e sapete una cosa? Molti di quei fondi sono legati agli adolescenti e soprattutto agli adulti che sono gravemente disabili, persone che hanno bisogno di assistenza completa, di servizi che sono molto, molto intensivi, e quei servizi possono costare oltre i 60-80 000 dollari all'anno. Quelle persone non avevano beneficiato di cure fin all'inizio, perché ora sappiamo che l'autismo si crea da sè mentre si allontanano dal percorso di apprendimento di cui parlavo prima. Se riuscissimo ad identificare questo disturbo allo stato iniziale, intervenire e curare, posso dirvi che, e questo forse ha cambiato la mia vita negli ultimi 10 anni, c'è l'idea che possiamo assolutamente ridurre questo disturbo. Inoltre, abbiamo una vetrina di opportunità, poiché il cervello è plasmabile in quel periodo, e quella vetrina di opportunità si presenta nei primi tre anni di vita. Non è che quella vetrina si chiuda. Non è questo. È che si restringe considerevolmente. Eppure, l'età media per la diagnosi in questo paese è ancora sui cinque anni, e tra le popolazioni svantaggiate, le popolazioni che non hanno accesso a servizi clinici, popolazioni rurali, minoranze, l'età per la diagnosi è ancora maggiore, il che è come dirvi che noi stiamo condannando quelle comunità ad avere individui con l'autismo il cui disturbo sarà più grave. Perciò sento che abbiamo un imperativo bioetico. La scienza è presente, ma nessuna scienza è importante se non ha un impatto sulla comunità, e non possiamo proprio permetterci di perdere questa opportunità, perché i bambini con l'autismo diventano adulti con l'autismo, e noi sentiamo che ciò che possiamo fare per questi bambini, per quelle famiglie, all'inizio, avrà delle conseguenze per tutta la vita, per il bambino, per la famiglia e per la comunità intera. Quindi è questa la nostra idea di autismo. Ci sono più di un centinaio di geni associati all'autismo. In effetti crediamo che ci possano essere tra i 300 e i 600 geni associati all'autismo, e anomalie genetiche, più che geni soltanto. In realtà abbiamo un bel problema qui, perché se le cause dell'autismo sono così diverse, come si passa da quelle difficoltà alla sindrome reale? Perché persone come me, quando entrano in una stanza dei giochi, riconoscono un bambino che ha l'autismo. Quindi come si passa da cause diverse a una sindrome che ha una certa omogeneità? La risposta è ciò che sta nel mezzo, cioè lo sviluppo. In effetti, noi siamo molto interessati a quei primi due anni di vita, perché quelle difficoltà non si trasformano necessariamente in autismo. L'autismo si crea da solo. Se riuscissimo ad intervenire in quegli anni di vita, potremmo attenuarne alcuni, e chissà, magari anche prevenirne altri. Come facciamo questo? Come entrare in quel sentimento di risonanza, come entrare dentro un'altra persona? Ricordo che quando interagivo con quella bambina di 15 mesi, ciò a cui pensavo era "Come si può entrare nel suo mondo? Sta pensando a me? Sta pensando ad altri?" È una cosa difficile da fare, quindi abbiamo dovuto creare le tecnologie. Praticamente dovevamo entrare nel suo corpo. Dovevamo vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Perciò negli ultimi anni abbiamo costruito queste nuove tecnologie che si basano sul monitoraggio oculare. Possiamo vedere momento per momento con cosa i bambini interagiscono. Questo è il mio collega Warren Jones, con cui abbiamo realizzato questi metodi, questi studi negli ultimi 12 anni, e qui vedete un piccolo di cinque mesi felice, un bambino di cinque mesi che osserverà le cose che sono state portate dal suo mondo, la sua mamma, chi si prende cura di lui, ma anche le esperienze che avrebbe se si trovasse all'asilo nido. Quello che vogliamo è abbracciare quel mondo e portarlo nel nostro laboratorio, ma per fare questo, abbiamo dovuto creare queste valutazioni sofisticate, valutazioni di come le persone, i bambini, i neonati, interagiscono con il mondo, momento per momento, cosa è importante e cosa non lo è. Abbiamo creato questi parametri e qui, quello che vedete è ciò che chiamiamo imbuto dell'attenzione. Sate guardando un video. Questi fotogrammi hanno circa un secondo di separazione attraverso gli occhi di 35 bambini di due anni in via di sviluppo, e noi blocchiamo un fotogramma, e questo è ciò che i bambini ordinari fanno. In questa scansione, qui in verde, ci sono i bambini di due anni con autismo. In questo fotogramma, i bambini ordinari guardano questo, l'emozione nell'espressione di questo bambino che litiga un po' con la bambina. Cosa stanno facendo i bambini con l'autismo? Sono concentrati sulla porta girevole, che si apre e si chiude. Posso dirvi che la diversità che vedete qui non si verifica solo in un esperimento di cinque minuti. Si verifica momento per momento nella vita reale, le loro menti si formano, e i loro cervelli si stanno specializzando in qualcosa di diverso da ciò che avviene nei loro amici ordinari. Abbiamo preso in prestito un costrutto dai nostri amici pediatri, il concetto di curva della crescita. Sapete, quando portate un bambino dal pediatra per avere l'altezza fisica e il peso? Abbiamo deciso di creare delle curve della crescita del coinvolgimento sociale, abbiamo cercato bambini appena nati, e quelli che vedete qui sull'asse delle ascisse sono due, tre, quattro, cinque, sei mesi e nove, fino all'età di 24 mesi, e questa è la percentuale del tempo di ispezione in cui si concentrano sugli occhi delle persone, e questa è la loro curva della crescita. Iniziano qui, amano gli occhi delle persone, e rimane piuttosto stabile. Sale un po' in questi mesi iniziali. Vediamo cosa succede nei bambini che diventano autistici. È molto diverso. Inizia da qui su, ma poi va in caduta libera. È come se portassero in questo mondo il riflesso che li fa tendere verso le persone, ma non c'è trazione. È quasi come se quello stimolo, voi non steste esercitando alcuna influenza su ciò che succede mentre navigano nelle loro vite quotidiane. Abbiamo pensato che questi dati fossero talmente rilevanti che volevamo vedere cosa succedeva nei primi sei mesi di vita, poichè se si interagisse con un bambino di due o tre mesi, vi sorprenderebbe vedere quanto sono sociali. Vediamo che nei primi sei mesi di vita quei due gruppi si possono distinguere molto facilmente. Usando questo tipo di parametri, e molti altri, abbiamo scoperto che la nostra scienza può identificare questo disturbo molto presto. Non abbiamo dovuto aspettare che i comportamenti autistici emergessero nel secondo anno di vita. Se misurassimo cose che sono, dal punto di vista evolutivo, molto conservative, e da quello dello sviluppo molto precoci, cose che sono presenti sin dalle prime settimane di vita, potremmo portare la diagnosi dell'autismo fino ai primi mesi, ed è quello che stiamo facendo ora. Possiamo creare le migliori tecnologie e i migliori metodi per riconoscere i bambini, ma sarebbe inutile se non dovesse avere un impatto su ciò che succede nella loro realtà nella comunità. Noi vogliamo che quei congegni, ovviamente, vengano usati da chi lavora sul campo, i nostri colleghi, i medici di base, che visitano ogni bambino, e dobbiamo convertire queste tecnologie in qualcosa che darà un valore aggiunto al loro lavoro, visto che vedono così tanti bambini. E vogliamo farlo a livello globale così da non dimenticare nessun bambino, ma sarebbe immorale non avere neanche un'infrastruttura per l'intervento, per la cura. Dobbiamo poter lavorare con le famiglie, dare supporto alle famiglie, gestire quei primi anni insieme a loro. Dobbiamo riuscire a passare davvero dall'analisi globale all'accesso universale alle cure, perché questi trattamenti cambieranno le vite di questi bambini e delle loro famiglie. Quando pensiamo a ciò che possiamo fare nei primi anni, posso dirvi che, essendo in questo settore da tanto tempo, un uomo si sente davvero rinvigorito. C'è l'impressione che la scienza a cui uno lavora possa avere davvero un impatto sulle realtà, prevenendo quelle esperienze a cui ho dato inizio nel mio viaggio sul campo. Al tempo pensavo che fosse un disturbo non trattabile. Non più. Possiamo fare moltissimo. L'idea non è di curare l'autismo. Non è questa l'idea. Ciò che vogliamo è assicurarci che le persone con l'autismo possano essere libere dalle conseguenze devastanti che a volte possono derivarne, le disabilità intellettive profonde, la mancanza di linguaggio, il profondo, profondo isolamento. Invece noi sentiamo che le persone con l'autismo hanno una prospettiva molto speciale verso il mondo, e abbiamo bisogno della diversità, e loro possono lavorare molto bene in alcune aree di forza: situazioni prevedibili, situazioni che possono essere definite. Dopotutto, loro apprendono del mondo , piuttosto che come agire in esso. Ma questa è una forza se si sta lavorando, per esempio, con la tecnologia. Ci sono quelle persone che hanno abilità artistiche incredibili. Noi vogliamo che siano liberi di esprimerle. Vogliamo che le prossime generazioni di individui con l'autismo siano capaci non solo di esprimere i loro punti di forza ma anche di mantenere le loro promesse. Grazie per avermi ascoltato. (Applausi)