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1880:
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la lampadina elettrica
a filo incandescente.
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1928:
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Il motore dell'Harley Davidson.
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1973:
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la tuta delle missioni Apollo,
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quelle che hanno portato
l'uomo sulla Luna.
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1986:
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il primo computer ad uso domestico.
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2018:
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la tastiera touch screen.
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Alcune delle invenzioni brevettate
che più hanno avuto successo nella Storia;
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e ognuna di queste invenzioni
ha, naturalmente, il suo inventore:
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Thomas Edison, William Harley, Steve Jobs.
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Non tutti sono anche proprietari
dei loro brevetti: pensiamo ad Apple.
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Ma dalla qualifica di inventore
derivano diritti patrimoniali e morali.
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Capite, quindi, che la parola "invenzione"
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è sinonimo di futuro,
di progresso, di creatività.
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Ma è una parola
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che ha una specifica rilevanza
anche nella sfera del diritto.
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Ecco perché vi parlo di invenzioni,
anche se io l'innovazione non la genero:
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suggerisco come tutelare le invenzioni,
come sfruttarle economicamente;
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talvolta le difendo
nelle aule dei Tribunali,
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quando altri se ne
appropriano indebitamente.
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Che cos'è un'invenzione,
secondo il diritto?
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"La soluzione tecnica
di un problema tecnico".
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Deve essere nuova,
e dotata di "altezza inventiva",
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non deve cioè essere ovvia, o banale,
per l'esperto di settore,
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colui che conosce tutto
dello stato della tecnica.
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Se ha queste caratteristiche,
un'invenzione può essere brevettata:
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i documenti che avete visto poco fa,
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che conferiscono all'inventore
un diritto esclusivo
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di sfruttare quell'invenzione
per un massimo di 20 anni.
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Ma ad un patto:
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che egli descriva quell'invenzione
in maniera tanto dettagliata
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da permettere a chiunque di replicarla
allo scadere del brevetto;
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e nel frattempo, tutti possono studiarla.
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Per superarla, per andare oltre,
verso il progresso della società.
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Ecco il patto tra Stato e inventore:
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un diritto esclusivo, a fronte
della divulgazione dell'invenzione.
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Quanti di voi sanno
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che tutti i brevetti della storia
sono liberamente accessibili a chiunque?
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Un sapere lì, pronto
per essere studiato e superato.
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Ecco chi è allora l'inventore:
colui che crea un ponte
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tra ciò che esiste, e può essere studiato,
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e ciò che ancora deve essere inventato.
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È così che Thomas Edison ci ha traghettato
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dall'illuminazione a gas
all'illuminazione elettrica;
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che Steve Jobs ha eliminato
la tastiera dai nostri cellulari.
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Ma oggi l'uomo, l'inventore,
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non è più l'unico che ha accesso
a quel patrimonio di conoscenze.
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Oggi ha un concorrente:
l'Intelligenza Artificiale.
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Una tecnologia che, tra le altre cose,
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è capace di apprendere
da un set di dati e di conoscenze
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e a partire da quel set
di dati e conoscenze crea:
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immagini; testi; video;
perfino soluzioni tecniche.
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Ma chi è, allora, l'inventore?
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Nell'attuale sistema tecnologico,
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nemmeno chi programma
l'Intelligenza Artificiale
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è in grado di prevedere fino in fondo
-
quale risultato riporterà
questa macchina creativa.
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I pensatori del nostro tempo
ci mettono in guardia
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rispetto a questa situazione
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in cui l'uomo perde la capacità
di anticipare gli effetti del suo agire.
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Si perde il senso della Storia:
il passato si traduce nel superato;
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e il futuro, semplicemente,
nel perfezionamento di un risultato.
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Secondo un equilibrio economico
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tra le risorse a disposizione
e gli obiettivi da raggiungere.
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Ma come si pone il giurista,
in questo contesto?
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Quelle che vedete alle mie spalle
sono due invenzioni:
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un contenitore con il bordo frastagliato<
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e una lampada a LED lampeggiante
per segnalare le emergenze.
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Entrambe queste invenzioni
sono state oggetto di un brevetto.
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E sapete chi è indicato, quale inventore?
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DABUS, un'Intelligenza Artificiale.
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Ma l'ufficio statunitense,
e anche quello italiano,
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hanno rifiutato di riconoscere
la qualifica di inventore
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a un'Intelligenza Artificiale,
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sul presupposto che il nostro
attuale sistema legislativo
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qualifica come inventore
soltanto una persona fisica.
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E per la verità, l'ufficio statunitense
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già si era occupato di questa questione
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rifiutando di riconoscere
i diritti d'autore
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a Naruto, un macaco
che si era fatto un selfie
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utilizzato, poi,
da alcune riviste di settore.
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Ma si sa, il diritto arriva sempre
in ritardo rispetto alla realtà,
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e basta una semplice maggioranza
per cambiare le cose:
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nel 2017, in Arabia Saudita,
Sophie è stata riconosciuta cittadina.
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È quindi necessario trovare
una giustificazione più convincente
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per non riconoscere come inventore
un'Intelligenza Artificiale.
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E forse,
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la definizione di invenzione
secondo il diritto può essere d'aiuto:
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"La soluzione tecnica
ad un problema tecnico".
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E attenzione:
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il diritto riconosce l'invenzione
-
anche se l'inventore
non ha fatto alcuno sforzo,
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anche se l'invenzione è stata frutto
del caso, di un colpo di fortuna,
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purché l'uomo sia in grado di cogliere
la portata non banale di quella soluzione,
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nell'ottica di risolvere
il problema tecnico.
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Le invenzioni create con l'ausilio
dell'Intelligenza Artificiale,
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effettivamente sono proprio questo:
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una soluzione trovata per caso,
per un colpo di fortuna.
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Ma è ancora l'inventore
che si pone il problema tecnico,
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che sceglie che cosa far studiare
a questa Intelligenza Artificiale,
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che seleziona, tra i risultati proposti,
quello che meglio risolve il suo problema.
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È l'inventore che si pone il problema>
-
e la risoluzione di quel problema
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è il suo scopo.
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Finché la macchina non farà
questo passo ulteriore,
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il processo inventivo è ancora
sotto la responsabilità dell'uomo.
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È giusto, quindi, che il diritto valorizzi
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questa capacità dell'inventore
di porsi un problema tecnico,
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di cogliere la portata non banale
di una soluzione trovata magari per caso.
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In questa prospettiva, il progresso
resta appannaggio dell'uomo.
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E la tecnologia è uno strumento
al suo servizio,
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proprio come lo era il fuoco di Prometeo.
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Non a caso, "Pro - metus":
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colui che riflette prima,
colui che vede in anticipo.
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Credo sia, allora,
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proprio questa capacità dell'uomo
di porsi uno scopo, di porsi un problema,
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a distinguerlo dalla macchina.
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È ciò che rende l'inventore
un ponte verso il futuro.
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(Applausi)